Trasporti - Rostro 1956

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I Reparti
TRASPORTI
Quando il Rostro arrivò ai reparti il trasporto aereo militare era appannaggio quasi esclusivo della 46° Aerobrigata e del C 119, un binomio che per molti anni è restato indissolubile : nominare il reparto o il velivolo era praticamente la stessa cosa. Il velivolo si presentava come un grosso e goffo parallelepipedo con i bordi arrotondati, due travi di coda che lo rendevano riconoscibile anche da lontano , due potenti motori da 3500 HP ... ed una spiccata personalità. Questa macchina, che all' epoca era il massimo che l'AM potesse permettersi, con i suoi instancabili equipaggi fu presente in tutti i cieli d' Europa, Africa e Medio Oriente. La 46° arrivava dappertutto e con qualsiasi tempo. Era presente per aiuti umanitari, supporto logistico ai reparti e in tutte le più disparate esigenze di trasporto che si rendessero necessarie, non escluse operazioni in aree di guerra, come testimonia la partecipazione nella guerra in Congo sotto l' egida dell' ONU. La 46° dette in quegli anni un pesante tributo di sangue.
Operazione CONGO
All'inizio degli anni 60 la 46° Aerobrigata si trovò impegnata nela operazione Congo, sotto l'egida dell'ONU. Era la prima missione militare all'estero dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Intensa attività di volo, in condizioni spesso precarie, i C119 della 46° costituirono la principale struttura di trasporto logistico dell'ONU. Nel periodo di attività in quell'area il reparto subì 23 perdite umane, per la strage di Kindu e per incidenti aerei dovuti alla difficoltà operativa delle operazioni. Il Rostro, da poco aggregato al reparto, fu presente in quel teatro di guerra. Un personale diario, un quadro parziale delle operazioni, è rappresentato dal libro "Sullandai" (Editore Pagine) , di Glauco Nuzzi
Eliche, pifferi e grancasse

....“E’ bene che ci vada lei “ Mi consigliò poi il Comandante di Gruppo, nel timore che cercassi di risputare la pillola. “Lei è ·un giovane capo-equipaggio e si deve fare le ossa. Si cerchi un secondo
.........Il volo fino a Ciampino fu senza storia. Dovevamo andare a caricare trentasei componenti la Banda Musicale dell'AM con relativi attrezzi di lavoro, per portarli a Orio al Serio dove, in occasione di una delle tante manfrine, dovevano produrre note musicali as­sortite. Erano già lì, impazienti, che ci aspettavano abbracciati ai tromboni, a cavalcioni delle grancasse, con tamburi, piatti e pifferi, disposti in bell'ordine, pronti a spiccare il volo.

Mi sentivo veramente un drago di capo equipaggio e, con la mia sicurezza, ero convinto di infondere coraggio a tutta l'orchestra nonostante il fatto che la maggior parte dei musici era la prima volta che vedeva un aeroplano da vicino.
Iniziai meccanicamente il briefing, mostrai come si indossava la imbracatura del paracadute, feci cenno alle procedure di lancio, ai segnali di emergenza con il campanello e a tutte le altre piacevolezze che mi avevano insegnato.

Il divertimento cominciò quando cercammo di costringere dentro l'imbracatura un maresciallo la cui pancia, fedele al principio della scarsa comprimibilità del corpo umano, si ribellava ostinatamente a lasciar chiudere il cinturone pettorale. Abbandonammo l'impresa per evitare di danneggiare il velivolo con frammenti di maresciallo esploso; e ognuno pre­se il suo posto a bordo. « Tanto st' aereo è sicuro come na portrona davanti ar Tivvù ».
Tempo bello, ottima visibilità, leggero vento in coda, percorremmo parte dell'Ambra 1; e poi, lasciato il Tirreno alle spalle, puntammo verso il radiofaro di Parma. Da livello 80, Milano Controllo ci ordinò di salire a 100. Obbedii a malincuore non senza aver prima discusso l'utilità di questo cambio di livello, specialmente con quella visibilità. Livellamen­to a FL 100, riaggiustamento del « passo », pressione di alimentazione e miscela per la velocità e la quota richieste.
Aldo mi disse di mettere su «on» il selettore dell'ADF N. 2 del mio quadretto di comando. Aveva sintonizzato il secondo programma che trasmetteva « Et maintenant », una canzone che oramai, credo, non dimenticherò più. La stazione si sentiva forte e chiara. , ma un fastidioso rumore distruggeva l'atmosfera da « night club » creata dalla voce di Yves Montand, un suono oscillante in tono ed intensità, caratteristico di quando i motori non sono sincroni.Infastidito mossi la leva del pas­so dell'elica al motore destro: ma non era destino che potessi sentire in pace la radio! Dopo pochi secondi il suono riprese e ridussi nuovamente i giri riportandoli a 2300. Questa nuova correzione fu sufficiente per mezzo minuto. Notavo una certa tendenza dei giri motore ad aumentare. In pochi minuti lo spostamento della levetta del passo del motore destro era arrivato quasi al limite consentito. Spensi il selettore del radio compass « musicale ». « Se st'elica nun la pianta toccherà mette 'a bandiera », comunicai al motorista nel mio abituale « dolce stil novo ». Il maresciallo C. scrollò la testa dubbioso e cominciò ad armeggiare con eliche pressioni e miscele.
Di carattere diffidente cominciai a sfogliare il Radio Facility per vedere, in caso d'emergenza, da che parte girare la testa al ciuccio. L'atmosfera a bordo era calma. Aldo fischiettava seguendo in cuffia le canzoni che sentiva, il marconista, di spalle, pensava ai fatti suoi e l'EMB, con un occhio chiuso e l'altro pure, considerava la cosa con un certo distacco. Il montatore era giù nel vano di carico con i passeggeri: stava facendo il passaggio su qualche trombone di elevate caratteristi­che.Dal punto in cui mi trovavo l'unico aeroporto « available » per parare qualche emergenza era Ghedi. Piacenza non figurava sul « facility » perché non era ancora aperta al traffico. Accesi il Tacan sulla frequenza di Ghedi e ripresi comandi tenendo sott'occhio i giri del motore destro.
In quel periodo andava" di moda" il « supergiri idraulico », un'emergenza che aveva procurato molte noie e qualche funerale: la procedura di recupero da un problema del genere, la conoscevo bene, come tutti i piloti del Gruppo, soprattutto per l'azione vigile e instancabile del Comandante che non tollerava dubbi nella conoscenza della macchina e delle emergenze. Comunque, l'idea di dover mettere a bandiera e andarmene con un motore solo e con quel carico non mi sorrideva gran che. « Appena a terra », pensavo, « bisognerà controllare per bene l'elica ». Se i supergiri danno problemi in quota, in decollo sono ancora meno attraenti. Riportai su « on »    l 'interrutore del “ compass” n2, ma  subito dopo su « off » : era finita la musica.
Guardai sotto: si vedeva la Pianura Padana con la solita foschia estiva da quota zero a 2/3.000 ft, una coperta grigiastra entro la quale la visibilità si riduce in genere al chilometro o, al massimo, al miglio. [ AVANTI ]
 
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