Il Corso REX - Rostro 1956

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Il Corso REX

REX
 
IL  CORSO  REX
 
 
         Il Corso REX della R. Accademia Aeronautica inizia la sua avventura il 21 ottobre 1936 nell’edificio della reggia vanvitelliana di Caserta, dove l’Istituto si era trasferito da Livorno dieci anni prima. Si presentavano al primo appello 312 allievi, di cui un cittadino irlandese e sei boliviani. I vincitori del concorso erano stati 305. Al giuramento, come Padrino era presente S.A.R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte. Nel successivo triennio, 34 allievi venivano dimessi, 31 transitavano al corso successivo, 24 al Ruolo Servizi e tre, tra cui un boliviano, decedevano per incidenti di volo. Gli Aspiranti del REX, ormai ridotti a 236, nel settembre del 1939 lasciavano Caserta diretti alle Scuole di Specialità, dove perdevano la vita in incidenti di volo altri 12 piloti. Nel mese di ottobre venivano autorizzati a rivestire il grado 212 Sottotenenti del Ruolo Naviganti e 24 Sottotenenti del Ruolo Servizi. Otto mesi dopo, il 10 giugno 1940, l’Italia entrava in guerra. L’8 maggio 1945, al termine delle operazioni, il Corso REX aveva perduto in combattimento, in addestramento o per altre cause belliche ben 103 dei propri componenti, oltre il 48 per cento dei naviganti. Una strage.
 
         Il Corso era numeroso, ed occorreva dividerlo in quattro sezioni, comandate ciascuna da un Capitano pilota, rispettivamente il Cap. Folinea, il Cap. Campopiano, il Cap. Micucci ed il Cap. Di Blasi. Nell’ottobre del 1936 il Comandante dell’Accademia era il Gen. D.A. Vittorio Giovine, il Comandante in 2^ il Gen B.A. Giuseppe Biffi, il Comandante del Battaglione Allievi il Ten. Col. Andrea Caporali ed il comandante della Scuola di Volo di Capua il Col. Orlando Ferroni. Si era appena conclusa la guerra in Africa Orientale ed era in pieno svolgimento quella di Spagna, ma, come ci è stato a suo tempo raccontato, di queste cose in Accademia se ne parlava assai poco. Anche il fatto di essere in piena epoca fascista aveva solo un minimo impatto sulla vita interna degli Allievi. C’era, sì, un libretto e qualche lezione di “mistica”, ma, non essendo materia di esame, nessuno vi dava troppa importanza. Lo svolgimento dei corsi e le materie di insegnamento erano quelle classiche, svolte fino alla riforma degli studi della metà degli anni ’90, e su queste si concentrava tutta l’attenzione. Per la politica e per gli eventi esterni, così come forse accade ancora oggi, non c’era spazio sufficiente. Anche la conoscenza del mondo era piuttosto limitata, vivendo l’Italia di allora in un regime di autarchia e di sanzioni. Scorrendo gli annali, scopriamo che alcuni professori, come Simeon per la Navigazione Aerea, Pierantoni per la Radiotecnica, Colucci per l’Analisi, Calia per Termodinamica e Motori erano gli stessi poi incontrati anche da noi, generazione successiva. Per il resto, adunate, lettura punizioni, celle, spinguinature, feste del Pingue e del Mak P, inaugurazione dell’Anno Accademico, giuramento, libera uscita (da Caserta il pullman arrivava e ripartiva da piazza Plebiscito, come oggi), scuola guida per la patente, ludi sportivi, attività di volo a Capua (Ba. 25 e Ro. 41), gita al Vesuvio, palle bianche e palle nere agli esami, licenza estiva, assai poco differiva da ciò che ha gioiosamente “subito”, almeno in parte, anche la generazione successiva.
 
         Se, quindi, la vita in Accademia gli Allievi del REX possiamo anche immaginarla, più difficile e interessante è capire – per noi e per le generazioni che seguono – come quei ragazzi siano diventati improvvisamente uomini. Secondo le cronache, ma lo si legge anche nelle motivazioni delle loro medaglie al valore, si sono trovati sin dall’inizio – e poi per tutto il conflitto – a combattere contro “soverchianti forze nemiche”, con mezzi “inadatti, insufficientemente armati e spesso inefficienti”, con un addestramento “sommario, affrettato e spesso non mirato alla missione”, dovendo sempre supplire “con il genio italico e lo sprezzo del pericolo”, sorretti da “un’immancabile fede” e dall’”arte di arrangiarsi” dei Sottufficiali specialisti. Ci si domanda allora quali fossero la molla e la complessa struttura morale di questi nostri immediati predecessori, se hanno continuato a combattere con onore, e per cinque anni, in queste condizioni. Erano fortemente ideologizzati? Erano costretti a farlo? E’ possibile che non si siano ribellati? Nulla di tutto ciò. Loro di questo parlavano poco e, non ostante i frequenti contatti con alcuni di noi – della generazione successiva – con alcuni dei sopravissuti, non ce lo hanno mai raccontato. Uno di loro però, cultore della storia dell’Accademia, ha cercato di lasciarne traccia negli annali dell’Istituto.
 
         Si tratta di Alberto Rea, uno dei 24 transitati al Ruolo Servizi e capo dell’Ufficio Concorsi nel 1956, al momento del nostro ingresso. I valori, sostiene, più che dall’ideologia fascista provenivano dal concetto risorgimentale di Patria, con l’esaltazione del senso della lealtà,del dovere, dell’onore e della dignità personale, il coraggio delle proprie azioni, la disciplina convinta e lo spirito di sacrificio. Anche in questo – dice Alberto Rea – forse la retorica abbondava, ma solo in apparenza e nelle manifestazioni esterne, perché nella vita quotidiana dell’allievo si badava con severità e serietà alla sostanza, fatti salvi gli aspetti formali. Ma anche questi ben presto si trasformavano in abitudine od intima convinzione. In questo, continua Rea, l’azione educativa dei Comandanti di corso e degli Ufficiali di inquadramento aveva certamente raggiunto il suo scopo, ed il comportamento in guerra ne era stato conseguenza e conferma. Problemi? Paracadute in spalla e via, in azione. Dopo, si potrà anche discuterne, ma non prima. Oggi i programmi sono cambiati, ma, in fondo, i valori su cui si insiste sono quelli con i quali sono state formate la generazione del REX e le quattro successive del ROSTRO.
 
         Senso dell’onore e dignità personale erano il patrimonio unico di ragazzi diventati improvvisamente uomini arrivando giovanissimi a reparti di volo in guerra dove la vittoria – a differenza di quanto affermava la politica – era data tutt’altro che per scontata. Dove necessariamente, a poco a poco, la realtà quotidiana portava a maturare la convinzione che si stesse combattendo una guerra impari, assieme alla rabbia di far parte di un sistema poco efficiente, contro forze superiori, dotate di mezzi e di addestramento più moderni. Pessima sensazione per chi deve combattere. Loro non ce l’hanno mai detto, ma è probabile che sia stato proprio il cumulo di questi sentimenti a far si che gli “uomini” del REX, assieme a tanti altri, dopo il crollo dell’8 settembre 1943 abbiano in maggioranza scelto di continuare la guerra. Magari in campi diversi, ma spinti da pulsioni altrettanto nobili. Così, al Sud, troviamo il nostro pluridecorato Padrino del Corso, Giulio Cesare Graziani, continuare i voli di guerra a fianco degli Alleati fino all’8 maggio 1945. Al Nord, troviamo Adriano Visconti – fino a qualche giorno prima aveva continuato a difendere i cieli delle città del settentrione al comando del 1° Gruppo Caccia dell’Aviazione Nazionale Repubblicana – che veniva assassinato  proditoriamente dai partigiani comunisti nel cortile di una caserma di Milano, subito dopo essersi consegnato con tutti i suoi piloti. Era il 29 aprile 1945.
 
         Anche dopo la guerra, il Corso REX ha sempre dimostrato di essere molto unito e solidale. Questo indifferentemente che fossero Ufficiali in servizio o in congedo, o che dopo il 1943 avessero combattuto al Nord o al Sud. Hanno organizzato una ventina di raduni in varie parti d’Italia, celebrando il Cinquantennale nel 1986 a Roma, Caserta e Pozzuoli. Frequenti erano i lori incontri, informali e conviviali, presso l’Hotel dell’Unuci a Chianciano. Il rapporto con i “figliocci” del Corso ROSTRO è stato sempre sentito affettuosamente, ed è durato finché ciò e stato possibile. Oggi, ci piace pensare che tutti questi uomini, i quali in guerra “troppo spesso avevano potuto opporre agli avversari solo il loro coraggio”, ci stiano osservando da molto in alto, e da molto lontano. Li vediamo seduti su una nuvola, sorridenti e con le gambe a penzoloni, come Dudovich aveva raffigurato il Paradiso degli Aviatori in un noto affresco di Palazzo Aeronautica.
 
 
(ricordo redatto a cura del Corso ROSTRO)
 
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