Anno Terzo - Rostro 1956

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Anno Terzo

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                                    LO SPRINT FINALE      ( Terzo Anno)                                                        
                              
        
                        “Ma tu chi se’, io chiesi reverente
                         che qui ristai com’ albero interrato
                         a sopportare pena sì dolente? ”
                         ( Inferno nisidiano - Canto IV°)

 
Dei 91 che eravamo in partenza, alla fine ci ritrovammo in quarantotto. Gli allegri quarantotto, nonostante tutto più vivi che morti, e ansiosi di passare finalmente….ad un altro girone sapendo, che in un certo senso, eravamo ormai al riparo da ulteriori agguati.
 
Avevamo superato, pur con numerose perdite, tutto il denso programma di studi e di attività complementari previsti dal programma accademico ed ora ci attendeva solo il proseguimento del corso di addestramento in volo per il conseguimento del brevetto di pilota militare. Ma sulle nostre maniche, entro qualche mese, avremmo ostentato la sospirata losanga dorata da sottotenente e, finalmente, anche noi saremmo stati salutati da qualcuno.
 
Anche il terzo anno era pur sempre una specie di pena, ma non certo paragonabile a quella dei primi due, durante i quali c’era sempre qualcuno che ci teneva d’occhio e che fatalmente notava la violazione di qualche norma regolamentare o una momentanea perdita del predicatissimo “autocontrollo”.
Alla fine del biennio, infatti, tutti noi avevamo accumulato parecchie notti di cella semplice o di rigore e moltissime giornate di consegna, divise tra sanzioni ufficiali, cioè iscritte nel libretto personale, e sanzioni sulla parola, non iscritte ma solo affidate ad un rapporto di lealtà dell’allievo con il superiore che le aveva di volta in volta impartite.
Se ben ricordo, nessuno di noi tradì mai questo rapporto fiduciario, per quanto in certe circostanze potesse essere stato fastidioso dover rinunciare ad una libera uscita già opportunamente organizzata, o ad una sana dormita a letto, anziché sul tavolaccio, alla vigilia di una gara sportiva o di un esame difficile.




 
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